La Venezia di Pane e Tulipani, del regista Silvio Soldini, uno dei film “veneziani” più riusciti, che racconta una Venezia minore, una storia di fuga e libertà, con la protagonista così avvolta dagli intrecci veneziani, fatti di luoghi e persone, da ricominciare una nuova vita in laguna. È stato girato a Santa Marta, in una delle zone dall’edilizia più recente, dove case popolari a più piani costruite nel secolo scorso con un impianto di vie regolari ricordano una qualsiasi periferia italiana.
In questa nonVenezia pulsa il cuore della Città più vero, piccoli e scarsi i negozi, gente del quartiere che si saluta, rari i turisti che vi si avventurano dalla vicina Stazione Marittima. Sul finire del quartiere,quasi a ridosso della strada asfaltata che conduce verso la Terraferma, una piccola piazzetta, campo, come la chiamano a Venezia, dove non è raro vedere anziane signore intente a chiacchierare sedute su sedie e sgabelli portati da casa, tradizione del passato lagunare che ancora sopravvive a Burano e nelle altre isole minori.
Quando ancora pulsava la vita negli angusti e poco salubri pianterreni delle abitazioni più povere, non era infrequente passare l’intera giornata all’aperto, le donne intente ad infilare perle, le impiraresse, gli uomini affaccendati con le attività della pesca, frotte di bambini a giocare tra calli e campielli. Atmosfere goldoniane e campestri prima della costruzione delle banchine del nuovo porto e del Cotonificio, oggi sede dello IUAV, scomparse alla fine dell’Ottocento quando l’area ha subito radicali trasformazioni.
Famosa era la Sagra di Santa Marta, con la Veglia notturna, i banchetti e le cene lungo le sue rive, così ben descritte da Giustina Renier Michiel nel suo libro Le Feste Veneziane.Da non perdere la Chiesa di San Nicolò dei Mendicoli, di antichissima fondazione ed originale architettura.